di Sara Adami
Sono arrivata con troppo anticipo, ferma nel parcheggio ho fumato l’elettronica.
Sono stati veloci, c’era la gente in fila e invece han chiamato me, io pagavo. Sono uscita con il buonumore tipico di chi tocca le cose buone della vita, la sanità quando funziona, raggiungere il reparto in un ospedale mai visto senza chiedere aiuto a nessuno, una banale visita finita prima dell’orario dell’appuntamento.
Poi ho sceso le scale buie e c’era una ragazza di porcellana che si muoveva lenta, una borsa sotto braccio e l’inutile ombrello. Ho rallentato, i fiocchi uscivano dalla busta con audacia, lei affrontava con prudenza ogni gradino.
Le ho offerto il mio aiuto, mi ha tanto ringraziato ma mai sorriso, aveva in pancia il ricordo di una gravidanza, mi ha detto che sono due maschi. Ho abbracciato una sconosciuta indiana, mi sono presa il carico delle sue borse e delle sue incertezze e siamo scese lentamente, il marito la aspettava nel parcheggio.
Dolorante e apatica come una madre che si gode l’ultimo istante del suo essere donna, abbiamo impiegato quasi mezzora a scendere e attraversare il piazzale strette nel silenzio di chi non si rivedrà mai più. Quando lui è arrivato ci siamo tutti guardati, hanno ringraziato ancora, forse nessuno in questa terra li guarda con tenerezza, forse certi gesti non si usano più.
Ho ripreso la mia auto e guidato nella luce fastidiosa del mezzo metro di neve, ho percorso una delle poche strade che riconosco. Perchè anche io qui sono straniera, amica indiana, ci facciamo compagnia.
Insane Soul
E’ anche per queste cose che sono contento di conoscerti.
Splendido anche il modo in cui l’hai raccontato.
AstareQui
Bel racconto 🙂 peccato che il tuo feed in google reader poi non ti porta sul post 😐
admin
grazie (anche della segnalazione)!
admin
ora dovrebbe essere a posto, fammi sapere 🙂